Progetto: Le Vie della Pizza … dall’Italia in tutto il mondo

 

Pochi alimenti sono legati al nome dell’Italia quanto la pizza.

Sino ad una decina di anni fa la pizza era universalmente conosciuta ed apprezzata come cibo semplice, composto da pochi ingredienti abilmente fusi tra loro. Negli ultimi anni ha subito numerose variazioni che spaziano dalle tipiche caratterizzazioni locali all’introduzione di nuove tecniche di produzione, preparazione e cottura e all’utilizzo di ingredienti esogeni ma anche esagerati.

 

A ciò si deve aggiungere l’apertura in Italia di numerosi locali dove la produzione della pizza non è più in capo a personale italiano e che ha modificato in parte l’originaria modalità produttiva. Per non dire dei punti “pizza al taglio e d’asporto”, o delle pizze che troviamo nei kebab turchi e nei franchising.

 

Il nostro viaggio in Italia vuole andare alla scoperta delle modalità produttive originarie del territorio che sulla pizza hanno trovato spazio adeguato, citando poi quelle più significative suddivise per Regione (particolari formaggi locali, salumi che possano con dovute accortezze reggere il calore del forno, verdure salutari, oli d’oliva ed extra vergine profumati, grani antichi…).

 

Il criterio di scelta sarà quello di scovare le numerose e innumerevoli varianti della pizza (talvolta denominata focaccia, ma anche schiacciata, tigella, piadina, caccia innanzi, denominazioni tipiche del territorio), tradizionale ed elaborata con prodotti e metodi classici.

 

Vie della Pizza: perché?

Perché in Italia non abbiamo solo la pizza napoletana e tutto il suo indotto, è l’Italia tutta che, con un territorio e un popolo ricco storicamente di artigianalità, manualità artistica, ingegno imprenditoriale, ha saputo cogliere in questo piatto la sostanza solare del nostro Paese.

 

Non si può non partire dall’Italia per questo lungo viaggio

Sarebbe non solo un grave errore ma un torto che avvantaggerebbe solo imitatori e speculatori.

Questo progetto nella sostanza più semplice potrebbe addirittura e proficuamente affiancarsi al grande lavoro di recupero del “Made in Italy” di cui tanto abbiamo bisogno visto i gravi taroccamenti  e sofisticazioni da tempo denunciati dai nostri imprenditori e dalle maggiori aziende produttrici.

 

Dalla pasta ai formaggi ai salumi e prosciutti, oli e vini, persino pesce e crostacei: troppi prodotti italiani incorrono in una disastrosa perdita economica ma soprattutto d’immagine, vanificando di fatto un grande ed onesto lavoro.

 

Sana, buona e naturale:  tre  sinonimi  per indicare  un   prodotto  alimentare gradito,  gradevole e salutare. Raggiungere questo risultato con prodotti del territorio è sicuramente un valore aggiunto per il cliente e il consumatore, ma anche per la salute economica di molte piccole aziende agricole.

Nella ristorazione moderna gli ingredienti sono preparati ormai tutti su scala industriale: le società alimentari conservano ed elaborano ogni tipo di prodotto vegetale, animale e ittico creando fondi per le salse, creme dolci e salate, pranzi completi surgelati o liofilizzati.

Con la pizza, ritenuta sino allo scorso secolo il cibo dei poveri, possiamo permetterci di riscoprire i gusti semplici e naturali dei prodotti della terra, utilizzati tal quali o poco elaborati, senza aggiunte di conservanti e additivi artificiali.

“Nel cuore della pizza” una degustazione con  prodotti da riscoprire e utilizzare con  il piatto povero per eccellenza (farina acqua e sale), senza dover leggere  e interpretare etichette di produzione.

 

La pizza nasce povera, dunque, per sfamare nei secoli scorsi i più poveri e solo successivamente per divenire un lavoro retribuito e ricercato. Più recentemente:

* Negli anni cinquanta la pizza, al di fuori di Napoli, non era così conosciuta e diffusa fra i consumatori nel fuori casa;

* alla fine degli anni settanta era divenuta l’alternativa per i ristoranti che non riuscivano a far quadrare il “cassetto” durante e dopo  l’austerity;

* alla fine degli anni ottanta le aziende alimentari cominciarono a “vedere” la pizzeria come un mercato da conquistare;

* negli anni novanta si iniziò, stante il crescere di questo successo, a pensare alle pizze surgelate industriali;

* dopo il 2000 il fenomeno del franchising in pizzeria: coinvolte società create con personaggi dello spettacolo e sportivi in cerca di investimenti.

 

Ogni Regione Italiana sarà interpretata attraverso le sue peculiarità naturali e industriali: non dobbiamo dimenticare le aziende produttrici di forni, impastatrici, celle di lievitazione e celle frigorifere, oltre ad accessori indispensabili ad un buon e corretto lavoro in pizzeria, secondo le normative vigenti.

Ma poi ancora la grande storicità che racconta la vita dei nostri antenati attraverso l’agricoltura e l’evoluzione dell’alimentazione umana a legare tutto il progetto:

 

  • Molini antichi ad acqua e a vento

  • saline

  • musei agricoli

  • case coloniche e fattorie didattiche

  • frantoi ipogei

  • farine e forni antichi

  • Istituti di ricerca di produzioni in via di estinzione, ecc.

 

Sono alcuni spunti su cui si può lavorare per raccontare un percorso che, nato da un prodotto povero, oggi coinvolge comparti di grande rilievo nazionale come  l’Agricoltura, il Commercio e la Cultura.

Dettagli: Ogni regione, ma soprattutto ogni provincia, sarà vista nel suo insieme e nel suo particolare con servizi culturali anche televisivi; potranno essere annunciate alcune De.Co. che troveranno animazione attraverso una presentazione ufficiale in un anteprima che partirà da Milano nel gennaio prossimo. Entro il 10/1/2014 si darà notizia degli appuntamenti in programma.

Al contempo si potrebbe valutare  un gemellaggio con un Paese straniero.

In questo contesto si posiziona anche la realizzazione del Museo e del Monumento alla Pizza Il tutto sarà accuratamente programmato e sviluppato in capo a due anni: l’obiettivo è presentarsi nel  2015 con una ospitalità  del progetto all’Expo


Maggiori informazioni :

https://www.pizzapress.it/progettoleviedellapizza/progetto-il-monumento/